lunedì 9 maggio 2011

Perito industriale

La definizione di perito industriale data da Wikipedia riporta quanto segue: il perito industriale è un tecnico esperto nella progettazione e produzione di beni materiali e servizi su larga scala presente nella normativa italiana. E’ un diplomato che ad una preparazione nell’ambito delle materie tecniche associa una particolare specializzazione in un determinato settore dell’industria e che ha funzioni direttive, esecutive, di progettazione e direzione lavori nell’ambito dei settori impiantistici di carattere industriale, terziario e civile relativamente alla propria specializzazione e a quelle affini. La definizione è impeccabile e chiarificatrice, ma non mi sento di dire che sia l’idea comune nell’immaginario collettivo.
Nel tessuto social popolare, in particolare della mia zona, il Perito Industriale è visto solitamente come una persona con conoscenze tecniche dettagliate che si inserisce tra Committente e Impresa, impone scelte obbligate sotto forma di progetto necessario unicamente alla burocrazia dello Stato, lavora nella più totale indipendenza negli orari che più predilige, arriva su chiamata, risolve i problemi, nella maggior parte dei casi, e se ne va, lasciando una salata parcella da pagare che spesso non è commisurata al lavoro eseguito.
Questa credenza probabilmente la si deve ad una realtà squisitamente provinciale in cui le grandi decisioni erano spesso preso con una stretta di mano.
Il progresso tecnologico, lo sviluppo industriale, il potenziamento del settore sicurezza hanno fatto sì di non potersi più occupare in prima persona o con mezzi “popolari” della burocrazia e delle nuove iniziative industriali, cosicché questa nuova figura si è inserita tardi nel mercato locale cogliendo i più alla sprovvista e non riconoscendo, per volontà, la professionalità emergente.
Il Perito Industriale è un mondo complesso inserito in un universo nebuloso: l’analogia per capire la molteplicità di fattori con cui un perito deve relazionarsi ogni giorno. Questi sono ben espressi nel Codice Deontologico: si parla di rapporti con il collegio, con i colleghi, con i Committenti, con le pubbliche autorità per non parlare dei percorsi di formazione continua da intraprendere per rimanere al passo con le innovazioni tecnologiche e normative.
All’articolo 1 dei principi fondamentali delle norme di deontologia professionale viene enunciato che il Perito Industriale svolge una funzione di pubblica utilità in ossequio alle leggi della Repubblica. La funzione di pubblica utilità sta appunto nell’essere un mediatore culturale tra gli organi di Stato e i liberi cittadini, conservando tutte le caratteristiche di integrità morale, correttezza, coscienza e diligenza. La coerenza tra la vita professionale e la vita privata è fondamentale proprio perché le due cose sono inscindibili.
Quando si firma un progetto il professionista ne risponde civilmente e penalmente in prima persona e questo si ripercuote sulla sua vita privata, perciò dico sono inscindibili. Un professionista è ciò che fa.

L’esercizio della professione comprende diverse conoscenze che vanno dalla materia tecnica di specializzazione, alla gestione della propria attività in termini di contabilità e organizzazione del personale, fino  a competenze più generiche, ma importanti, come le lingue e l’informatica, per non parlare del continuo aggiornamento normativo e legislativo e tutte queste attività sono sempre eseguite parallelamente alla realizzazione dei lavori.
Invito quindi una riflessione a chi ritiene che i periti facciano pagare parcelle salate e per non eseguire niente di più che un fascicolo di carte: la libera professione è un’attività complessa.
Al giorno d’oggi mantenere il passo coi tempi è difficoltoso per non parlare del mercato che non offre ampi spazi. Siamo chiamati a creare un prodotto da mercato, ma la verità è che non lo è: il progetto è frutto di un’attività intellettuale che richiede un’iterazione di discipline e attività.
Una cosa è comunque certa la professionalità paga: sentirsi ed essere professionista, avere coscienza di possedere una carica importante nella società, compiere il proprio lavoro al meglio e con la piena responsabilità del ruolo oltre che gratificante, mette un tassello importante nella vita del nostro paese con tutte le difficoltà che sta incontrando in questo periodo storico. Queste parole dovrebbero essere un monito anche per chi ci governa, per chi dovrebbe essere d’esempio per la collettività in termini di morale, deontologia, serietà.


Elisa per.ind. Capitani
Consigliere del Collegio Periti Industriali e
Periti Industriali Laureati di Modena

venerdì 11 marzo 2011

Rinnovabile o nucleare?




11.03.2011: era un giorno qualunque, un giorno in cui ognuno faceva ciò che è parte della sua routine: chi al lavoro, chi a prendere i bambini all’asilo, chi in palestra e ad un tratto questa nostra terra ha ricordato che è viva.
Un terremoto di proporzioni epiche con risvolti su ogni cosa vivente e non. Il mare si è innalzato con un onda di 10 mt che ha investito le coste.
Infiniti i danni a persone, cose, animali…a tutto e inoltre il danno con maggiori conseguenze: diverse centrali nucleari con problemi di cedimento.
Questo accade in un periodo storico, del nostro paese, in cui la scelta tra rinnovabile e nucleare sta venendo avanti. Il governo Berlusconi quando si è insediato aveva nei programmi elettorali la costruzione di diverse centrali nucleari sparse in tutta Italia senza se e senza ma, ignorando il referendum che gli italiani firmarono. Inoltre nei giorni precedenti il governo ha stroncato la promozione delle energie rinnovabili, fatta in questi ultimi anni, chiudendo gli incentivi per l’installazione degli impianti a maggio 2011. Questo perché in primo luogo cominciavano a mancare gli introiti della bolletta di quelli che sono diventati oramai 180.000 autoproduttori del territorio, in secondo luogo perché questi soldi volevano probabilmente essere investiti nel nucleare. La rinnovabile stava prendendo piede creando un mercato fiorente di professioni: dai tecnici, ai produttori di materiale, alle ditte installatrici muoveva l’economia insomma. Il problema che questo movimento di economia non andava incontro alle esigenze dei produttori monopolisti e di conseguenza, nel magna magna italiano solito, ci saranno stati accordi per interrompere il gettito verso i privati.  
Bene ora ci troviamo a un bivio: vogliamo dire basta alle rinnovabili e abbracciare il nucleare?
Non voglio parlare di ciò che succede in Giappone e rapportarlo a questioni politiche ma facciamo una riflessione: il Giappone è un paese tecnologicamente avanzatissimo e preparato a eventi sismici e si è trovato comunque impreparato. I danni che rischia di subire la popolazione e l’ambiente sono enormi.
Non oso immaginare come potrebbe essere in Italia: appalti per la costruzione dati al maggior ribasso, materiali scadenti e posa in opera difettosa (perché comunque al minor prezzo quello è il risultato), gestione dal punto di vista della sicurezza ottima su carta e pessima nella realtà (perché comunque “la sicurezza è solo un costo”). Sarebbe un vero disastro e al primo evento si scatenerebbe l’inferno.
La solita vocina dice: “certo però sul confine francese ne abbiamo una che se scoppia ci devasta e noi continuiamo a comprare energia da loro”. Questo è vero ma perché invece non possiamo guardare chi le cose le fa bene? I paesi scandinavi, la Germania hanno investito molto sulle rinnovabili e non credo ne siano pentiti è solo un cambio di mentalità. Anche questo enorme fabbisogno energetico che abbiamo: anche lì la mentalità delle persone andrebbe cambiata! E’ ora di cominciare a pensare nell’interesse collettivo, è finita l’era del proprio orticello, abbiamo visto che così non funziona. Dobbiamo fare scelte che siano nell’interesse dell’ambiente in cui viviamo anche a costo di dover fare delle rinunce. Facendo la progettista sento spesso discorsi del tipo: “io voglio che quando il forno è accesso possa usare la lavastoviglie e la lavatrice, sono a casa solo due ore al giorno devo ottimizzare”, “gli apparecchi li lascio tutti in stand-by perché se no mi tocca alzarmi dal divano quando sono seduto”. Insomma qui è anche una questione di mettersi una mano sul cuore ed una sul portafoglio. Vogliamo davvero avere tutto ad ogni costo e sempre, a discapito della vita sul pianeta? Perché questa è la realtà delle cose: una centrale nucleare che esplode è un danno per tutti gli abitanti della terra e dopo sì che forse era meglio preoccuparsi un po’ dell’interesse collettivo piuttosto che del singolo paese!! Accordi internazionali!!!